Analisi poesia La Passeggiata
Aldo Palazzeschi
Le poesie di Palazzeschi hanno sempre una cornice data dai due versi iniziali e i due versi finali.
All’inizio di questa poesia una voce dice: “Andiamo” e una risponde “Andiamo pure”. Questo è l’incipit per iniziare la passeggiata, che è poi un andare a zonzo. Troviamo una sorta di spaesamento di chi si sente inghiottito dalla città.
Nel finale ritroviamo qualcuno che dice “Torniamo indietro” e la risposta “Torniamo pure”. C’è un intreccio di voci che rendono teatrale la poesia. È quell’intreccio di tante voci, come quelle che nell’incendiario sono le voci dei benpensanti, di quelli che dicono cosa ne pensano del poeta chiuso in gabbia e lo deridono.
La scansione dei versi è prevalentemente trisillabica con delle rime facili che impegnano non solo parole ma anche numeri. (vedi i numeri civici).
Compaiono rime facili come Rondinella – Flanella.
Rime che uniscono parole colte a parole umili:
“Corso Napoleone Bonaparte.
Cartoleria del progresso.
Si cercano abili lavoranti sarte.”
Da notare più avanti la rima Crocefisso – Fisso.
Appaiono, come stilettate veloci, nomi, ruoli, che altro non sono che negozi, mestieri, le insegne che scorrono davanti ai suoi occhi. Diventano una serie di insegne pubblicitarie che ti rendono spaesato, questo perché non ci sono punti di riferimento, anche i numeri civici non sono certi, e il tutto da l’idea di una città che t’inghiotte e che l’io lirico non riesce a digerire producendo una sorta di balbettamento elementare. Si ritrova allora l’ostentazione di rime che sono spesso ironiche e grottesche.
Questo io che ci sta dietro è un io che si nasconde dietro le cose, dietro gli oggetti, dietro le voci di questa poesia che è prepotentemente orale. È un io ribaltato, non un super-io come quello di Nietzsche, è un io che perde l’anima ma, sprezzante, ricorda in qualche modo lo Zarathustra nietzschiano, quello che disdegna la folla e la città, questa realtà mercificata. C’è un disprezzo grandissimo nei confronti di questa nuova realtà, ci si adopera per un ridimensionamento, ecco perché non ci sono eroi in questa poesia novecentesca, ci sono solo personaggi scomodi e frustrati con i quali l’io lirico si identifica. Questo è l’incendiario, l’anti Ulisse, il naufrago. Con la loro presenza di anti-eroi, ci insegnano cos’è veramente l’eroismo.
È una poesia che vuole metterci in crisi, che prende quindi posizione nei confronti della vita, della realtà e della storia. Questo perché la poesia deve mettere in crisi, deve chiederci soluzioni, a chi la legge e a chi la scrive ma non di meno a chi l’ascolta.
Mentre nelle poesie di Soffici i numeri volevano definire il tempo, qui i numeri civici vogliono definire apparentemente dei numeri di riferimento spaziali all’interno di una città ma sono specifici nel dettaglio ed indefiniti nell’insieme. Mettono in discussione la determinazione di spazio perché il tempo e lo spazio sono legati allo stato d’animo, all’emozione di chi quel tempo e quello spazio gestisce. Ciascun soggetto ha un suo tempo e un suo spazio.
Allora anche la storia è messa in discussione: certo vi sono delle date di riferimento imprescindibili, ma esistono punti di riferimento mai determinati che sono legati all’io, alle emozioni ed ai sentimenti.